La ricerca della soluzione di questi quesiti occupa il pensiero filosofico, economico e politico degli ultimi due secoli. La loro complessità nasce dal presupposto stesso della moderna teoria del benessere, vale a dire la centralità dei valori soggettivi dell'individuo. Se il giudice ultimo di ciò che è bene per sé è l'individuo stesso, come possono altri individui, e con quale diritto, decidere che cosa determina il benessere individuale? E come è possibile confrontare il benessere di individui diversi, che hanno preferenze e valori diversi? Per esempio, nel decennio 1970-80 alcuni studiosi, nel proposito di rispettare la dimensione strettamente soggettiva del benessere, hanno criticato radicalmente l'uso sistematico del contenuto del benessere occidentale come metro di valutazione e di azione per i paesi delle altre parti del mondo.
Il problema di quali siano i mezzi più idonei per la realizzazione del benessere è altrettanto complesso e controverso. La teoria liberista intende dimostrare che il sistema di mercato è il mezzo più idoneo, in quanto perfettamente coerente con il principio soggettivista: date le risorse economiche a disposizione di ciascun individuo, il mercato consente a ciascuno di realizzare il proprio benessere personale producendo, comprando e vendendo i beni preferiti [Vilfredo Pareto (Italia, 1848-1923), Léon Walras (Francia, 1834-1910), Kenneth J. Arrow (Stati Uniti, 1921)]. La forza teorica di questo risultato sta nel fatto che esso prescinde totalmente da giudizi di valore esterni all'individuo, e per questa via esclude la legittimità di interventi o di norme nella sfera del benessere da parte di autorità anteposte all'individuo come lo Stato o la Chiesa. Tuttavia sia in sede teorica che storica sono emersi numerosi fattori che possono impedire al mercato di conseguire adeguati livelli di benessere individuale e sociale, rendendo necessari interventi correttivi o diverse forme organizzative della vita economica. La stessa teoria liberista ammette che la distribuzione dei beni realizzata dal mercato può non essere conforme a giudizi di valore extra soggettivi comunque presenti nella società, come quello di equità (ad es. mantenere differenze tollerabili tra ricchi e poveri, garantire a tutti capacità e opportunità) oppure può mancare di fornire beni di natura collettiva come i beni pubblici (ad es. sicurezza) o i beni meritori (ad es. istruzione, salute, ambiente). Da questo punto di vista, la realizzazione del benessere richiede che il mercato sia affiancato o sostituito da altri strumenti, tra cui tornano in campo norme e interventi dei poteri pubblici [Amartya Sen (India, 1933), Joseph E. Stiglitz (Stati Uniti, 1943)].
Nessuno dei criteri di benessere disponibili è pienamente soddisfacente o esente da critiche. Tuttavia va sottolineato che non è pensabile di poter fare a meno di un criterio di valutazione dei sistemi economici (vedi sistema economico) e delle politiche economiche. Sul piano operativo e degli interventi a favore dello sviluppo sono stati elaborati principalmente tre criteri di misura del benessere:* i criteri quantitativi effettivi, che presuppongono che il benessere dipenda essenzialmente dalla quantità di beni e servizi effettivamente utilizzati da un individuo (ad es. il consumo e i bisogni primari);* intendono misurare i mezzi che un individuo ha a disposizione per realizzare il proprio benessere, senza entrare nel merito di come l'individuo impiega questi mezzi (ad es. il reddito o la ricchezza ;* i criteri qualitativi, i quali cercano di allargare la valutazione del benessere ad aspetti non solo economico-quantitativi (ad es. capacità e opportunità, e sviluppo umano);* i criteri relazionali, i quali prendono in considerazione la posizione dell'individuo nella società e non solo il suo benessere individuale assoluto (ad es. equità).
Fonte: http://www.utopie.it/
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