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domenica 23 settembre 2007

IL BENESSERE

Il concetto di benessere ha una posizione di primo piano nel rapporto tra economia e etica. Si tratta di un concetto molto complesso e controverso, sia sul piano teorico, sia su quello della sua misurazione, sia su quello dei compiti delle autorità politiche. Esiste un consenso pressoché generale nella cultura del mondo occidentale moderna nell'idea che il fine ultimo, e pertanto il metro di giudizio, dell'economia, della politica e dell’organizzazione sociale sia il benessere di ogni individuo e della società. La Costituzione americana, stilata alla fine del XVIII secolo, dichiara che i cittadini hanno "diritto alla felicità", presupponendo quindi che lo Stato abbia il dovere di realizzare questo diritto o di fare in modo che i cittadini possano realizzarlo. Va ricordato che questa idea è nata con la rivoluzione filosofica (illuminismo) ed economico-politica del XVIII secolo, e che essa rappresenta una svolta radicale rispetto al pensiero dominante nei secoli precedenti. Secoli nei quali il compito richiesto allo Stato e al Sovrano era stato quello di realizzare un ordine sociale giusto, secondo criteri fissati da princìpi assoluti, in gran parte di natura teologica, totalmente indipendenti dai valori degli individui. Al contrario, il criterio del benessere presuppone la centralità dell'individuo e dei suoi valori soggettivi. Sul piano teorico, vi sono quattro questioni fondamentali:* che cosa determina il benessere individuale (problema del contenuto del benessere);* chi, e con quali mezzi, può o deve mettere ciascuna persona nelle condizioni di ottenere ciò che le crea benessere;* quali limiti possono essere imposti alla ricerca del benessere individuale;* quale relazione esiste tra il benessere del singolo e quello della società.
La ricerca della soluzione di questi quesiti occupa il pensiero filosofico, economico e politico degli ultimi due secoli. La loro complessità nasce dal presupposto stesso della moderna teoria del benessere, vale a dire la centralità dei valori soggettivi dell'individuo. Se il giudice ultimo di ciò che è bene per sé è l'individuo stesso, come possono altri individui, e con quale diritto, decidere che cosa determina il benessere individuale? E come è possibile confrontare il benessere di individui diversi, che hanno preferenze e valori diversi? Per esempio, nel decennio 1970-80 alcuni studiosi, nel proposito di rispettare la dimensione strettamente soggettiva del benessere, hanno criticato radicalmente l'uso sistematico del contenuto del benessere occidentale come metro di valutazione e di azione per i paesi delle altre parti del mondo.
Il problema di quali siano i mezzi più idonei per la realizzazione del benessere è altrettanto complesso e controverso. La teoria liberista intende dimostrare che il sistema di mercato è il mezzo più idoneo, in quanto perfettamente coerente con il principio soggettivista: date le risorse economiche a disposizione di ciascun individuo, il mercato consente a ciascuno di realizzare il proprio benessere personale producendo, comprando e vendendo i beni preferiti [Vilfredo Pareto (Italia, 1848-1923), Léon Walras (Francia, 1834-1910), Kenneth J. Arrow (Stati Uniti, 1921)]. La forza teorica di questo risultato sta nel fatto che esso prescinde totalmente da giudizi di valore esterni all'individuo, e per questa via esclude la legittimità di interventi o di norme nella sfera del benessere da parte di autorità anteposte all'individuo come lo Stato o la Chiesa. Tuttavia sia in sede teorica che storica sono emersi numerosi fattori che possono impedire al mercato di conseguire adeguati livelli di benessere individuale e sociale, rendendo necessari interventi correttivi o diverse forme organizzative della vita economica. La stessa teoria liberista ammette che la distribuzione dei beni realizzata dal mercato può non essere conforme a giudizi di valore extra soggettivi comunque presenti nella società, come quello di equità (ad es. mantenere differenze tollerabili tra ricchi e poveri, garantire a tutti capacità e opportunità) oppure può mancare di fornire beni di natura collettiva come i beni pubblici (ad es. sicurezza) o i beni meritori (ad es. istruzione, salute, ambiente). Da questo punto di vista, la realizzazione del benessere richiede che il mercato sia affiancato o sostituito da altri strumenti, tra cui tornano in campo norme e interventi dei poteri pubblici [Amartya Sen (India, 1933), Joseph E. Stiglitz (Stati Uniti, 1943)].
Nessuno dei criteri di benessere disponibili è pienamente soddisfacente o esente da critiche. Tuttavia va sottolineato che non è pensabile di poter fare a meno di un criterio di valutazione dei sistemi economici (vedi sistema economico) e delle politiche economiche. Sul piano operativo e degli interventi a favore dello sviluppo sono stati elaborati principalmente tre criteri di misura del benessere:* i criteri quantitativi effettivi, che presuppongono che il benessere dipenda essenzialmente dalla quantità di beni e servizi effettivamente utilizzati da un individuo (ad es. il consumo e i bisogni primari);* intendono misurare i mezzi che un individuo ha a disposizione per realizzare il proprio benessere, senza entrare nel merito di come l'individuo impiega questi mezzi (ad es. il reddito o la ricchezza ;* i criteri qualitativi, i quali cercano di allargare la valutazione del benessere ad aspetti non solo economico-quantitativi (ad es. capacità e opportunità, e sviluppo umano);* i criteri relazionali, i quali prendono in considerazione la posizione dell'individuo nella società e non solo il suo benessere individuale assoluto (ad es. equità).

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