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martedì 2 ottobre 2007

COME SI SALVA L'AMBIENTE CON IL PROFITTO

I Ceo di tutte le multinazionali hanno un nuovo elemento da considerare nella loro agenda competitiva: la tutela ambientale. La tutela ambientale non più come vincolo, come insieme di target fissati da una qualche authority ostile e lontana, ma come obiettivo competitivo e, come tale, di profitto.
Molte imprese hanno cominciato a considerare il problema dell’impatto ambientale dei loro processi e prodotti già da parecchi anni. L’azione è stata mirata a sensibilizzare il consumatore sull’efficienza dei prodotti e sul risparmio reso possibile dalla razionalizzazione ecologica dei processi aziendali. Incalzati dalle legislazioni sovranazionali, i produttori hanno abolito le macchine più inquinanti, sostituendole con alcune dall’impatto ecologico più blando e hanno fornito garanzie circa la classe energetica dei propri prodotti.
Per alcuni pionieri si è trattato di andare ben oltre. Aziende leader nel mercato globale, come Siemens, Starbuck’s e IBM hanno affrontato il tema ecologico, trasformandone i presupposti categoriali: non più un limite fastidioso, ma piuttosto un’opportunità commerciale di differenzazione.
Bernd Bischoff, ceo di Fujitsu Siemens ha declinato il fronte competitivo lungo note verdi: dagli schermi salva energia che permettono di risparmiare fino a 7000 euro all’anno ogni mille pc, ai processi produttivi a basso impatto ambientale, fino alle schede madri senza piombo.
Il consumatore del nuovo millennio è cambiato. La tecnologia e il web hanno progressivamente annullato l’asimmetria informativa tra imprese e individui, fornendo a questi ultimi l’accesso a un’informazione illimitata. Di fatto, la ragion critica kantiana risiede oggi nel singolo, sede reale della valutazione e della scelta. I driver decisionali dell’individuo sono i suoi valori: l’ecologia e il rispetto per la biosfera stanno emergendo come valori centrali della modernità. Il nostro tempo saluta l’emergere di una domanda verde, di ecosostenibilità delle attività e di possibilità di riciclo dei prodotti industriali.
Il consumatore critico è in grado di analizzare i costi e benefici derivanti dall’acquisto di un prodotto o servizio, e quindi di “prezzarne” l’onerosità complessiva. L’azione di acquisto non è infatti scevra da conseguenze in termini di responsabilità: l’utilizzo infatti è l’azione che comporta il deterioramento di un oggetto, la sua progressiva perdita di valore. Quando il bene acquistato è sostituito, esso diviene scarto e come tale grava sulla comunità. L’impatto che il bene ha sulla comunità in quanto potenziale scarto assume un valore economico e come tale viene prezzato sul mercato. L’etica della responsabilità è la traduzione in prassi di un modo liberale di affrontare il tema della tutela ambientale, che spesso si risolve con dei no incondizionati e di conseguenza miopi. La responsabilità è duplice: è dell’impresa che deve considerare le conseguenze ambientali della propria attività; è del consumatore che deve analizzare criticamente la propria attività di consumo.
Il logos dove queste responsabilità si incontrano si trova nella dimensione competitivà: l’impresa che inserisce “l’ecologia” nei suoi obiettivi strategici ha la chiave per trasferire un valore aggiunto al consumatore tramite la realizzazione di prodotti ecologicamente intelligenti, che siano in grado di ridurre l’onerosità a carico del cliente. Il gioco competitivo includerà ben presto la compatibilità ecologica dei prodotti nella lista delle priorità strategiche che l’azienda deve perseguire: esse si devono sforzare di soddisfare quella domanda verde di cui accennavamo sopra. Il consumatore critico, dal canto suo, sarà disposto a premiare con la sua fedeltà le aziende interpreti dei suoi valori.
In questo modo le imprese che trovano le soluzioni più intelligenti dal punto di vista dell’ecocompatibilità e dell’ecosostenibilità di tutta la filiera industriale saranno anche le più profittevoli. Premiate dalla selezione di mercato, si garantiranno i profitti necessari a reiterare il processo di sviluppo di un’intelligenza verde che persegua in misura sempre più effettiva gli obiettivi di progresso ecologico.


Marco Saccone

Fonte: http://www.loccidentale.it/

1 commento:

Luca Tittoni ha detto...

Post interessantissimo. Diedi l'esame di Economia Ambientale circa 3 anni fa. Nel corso di un seminario venne un noto amministratore delegato che disse: "in Italia la tutela dell'ambiente da parte delle imprese è vista ancora come il costo sociale dell'eventuale sanzione penale". Cioè il ritorno d'immagine negativo derivante da un'eventuale scoperta o multa di qualche ente preposto... non so, Finanza, NOE. In sostanza voleva dire che culturalmente, a livello di impresa-ambiente siamo al Medioevo. Speriamo bene! Ciaooooo

Nella speranza che un giorno la guerra finisca